First Capital: "Governo pronto ad aiutare le Pmi" - V&A
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In evidenzaMercati Lun 27 febbraio 2023

First Capital: "Aiuti alla capitalizzazione delle Pmi. Ecco cosa potrebbe fare il governo"

Polidoro (ad First Capital): "Un'ipotesi è quella di incentivare assicurazioni, fondi pensione e istituzionali a investire nelle imprese" First Capital: "Aiuti alla capitalizzazione delle Pmi. Ecco cosa potrebbe fare il governo" ESTERNO PALAZZO MEZZANOTTE BORSA ITALIANA MILANO PIAZZA AFFARI
Tobia De Stefano
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Tobia De Stefano

Con una lunga esperienza nel settore economico, ha lavorato a Libero Mercato e Libero. Ora è alla Verità e scrive per Panorama e Verità & Affari

“Lo choc energetico è praticamente rientrato e anche il rincaro dei prezzi dei trasporti non è più ai livelli emergenziali di qualche mese fa. Nel 2023 ci aspettiamo un’economia in crescita e del resto quasi tutte le nostre partecipate corrono in Borsa da due mesi a questa parte. Certo resta l’incognita della guerra in Ucraina e bisognerà abituarsi a una dinamica dei tassi che sarà lontana dallo zero degli scorsi anni, ma vi viene da dire che l’anomalia l’abbiamo vissuta in passato. Ci aspettiamo inoltre che il fenomeno del reshoring (il rientro di molte produzioni che erano andate via dall’Italia) possa dare una spinta importante alla risalita del  Pil”. 

A parlare è Vincenzo Polidoro, l’amministratore delegato di First Capital. First Capital, quotata sull’ex Aim dal 2010, è una holding di partecipazioni finanziarie che per mestiere studia il mercato delle Pmi italiane (con un fatturato fino a 150 milioni di euro) in base a un approccio di tipo attivo. L’obiettivo è individuare società leader nelle varie nicchie di mercato che abbiano un management “capace” e piani di sviluppo sostenibili. E aiutarle. Semplificando: una sorta di private equity che non ha però la necessità di riportare a casa utili e risultati a stretto giro e quindi può agire nell’ottica del lungo periodo. Tra le sue partecipate ci sono Generalfinance, il gruppo Orsero, Intred, Cy4Gate, Labomar, Ala e Net Insurance. 

Le piccole e medie imprese italiane restano a forte impronta familiare, ma il grado di managerialità anche esterno sta aumentando. Una prova di maturità?

“Guardi, di sicuro c’è una maggiore apertura ai manager che arrivano dall’esterno, ma poi dipende dai singoli casi. Esistono ancora realtà nelle quali le famiglie sono sedute comodamente ai piani di comando senza avere nessuna visione rispetto a quello che potrà succedere nelle naturali fasi di passaggi generazionale. Ovviamente sono realtà che non ci interessano. In generale posso dirle però che le imprese italiane sono meno bancocentriche del passato e più consapevoli che il nuovo capitale può arrivare per esempio attraverso i bond o i mini-bond o la quotazione”.

Servirebbero incentivi per farle crescere? 

“Anche di recente abbiamo avuto incontri con i rappresentanti del mondo della politica e posso dirle che questo governo ha una particolare sensibilità verso le esigenze delle piccole e medie imprese. C’è la consapevolezza che aumentando la loro capitalizzazione si può mettere in moto un processo virtuoso che aumenta produttività e giro d’affari e crea quindi nuovi posti di lavoro”.

Insomma il costo di eventuali incentivi fiscali si ripagherebbe da solo…

“Proprio così”.  

Su quali leve si potrebbe agire?

“Una delle ipotesi è quella di incentivare i gradi investitori istituzionali. Dalle assicurazioni ai fondi pensione, parliamo di patrimoni di miliardi di euro che potrebbero confluire nell’economia reale. Ma  non solo. Perché esiste anche una moral suasion normativa per rendere più semplice il meccanismo della quotazione o la possibilità di investire sia nelle società quotate che in quelle che hanno intenzione di farlo”.

Ci sono dei settori che valutate con maggior attenzione?

“Dipende dai trend di mercato: esistono tante realtà di piccola e media dimensione nelle aree più tecnologiche – sviluppo di software, cloud o cybersicurezza – che hanno bisogno di un supporto sia dal punto di vista finanziario che dell’apporto di managerialità specifica per la crescita dimensionale. Ma ovviamente valutiamo anche business e aziende più tradizionali”.

A prescindere dal settore, poi, uno dei grandi temi economici è rappresentato dal costo del denaro che potrebbe aumentare ancora.

“Il pericolo più che il rialzo del tassi – prima o poi doveva succedere – è la repentinità della “stretta” che ha messo in difficoltà le aziende più indebitate. Di sicuro non torneremo all’epoca dei tassi zero e la normalità per i prossimi anni sarà quella di pagare tra il 3 e il 5% per avere denaro in prestito. Il denaro non sarà più gratis ed è bene che il nostro tessuto imprenditoriale faccia il prima possibile i conti con questo nuovo scenario”. 

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