La Meloni fa paura e Visco pensa al passo indietro da Bankitalia
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Da non perderePolitica Mer 29 giugno 2022

La politica scuote Bankitalia, la Meloni fa paura e Visco pensa al passo indietro

L’attuale governatore della Banca di Italia, Ignazio Visco, abbia intenzione di lasciare volontariamente il suo incarico. La politica scuote Bankitalia, la Meloni fa paura e Visco pensa al passo indietro
Franco Bechis
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Franco Bechis

L’ipotesi delle dimissioni di Visco

Ieri il direttore de Il Foglio, Claudio Cerasa, ha sganciato una vera bomba in un pezzo dal titolo quasi innocuo: “L’operazione bulloni”. Lì era ipotizzato però che l’attuale governatore della Banca di Italia, Ignazio Visco, abbia intenzione di lasciare volontariamente il suo incarico nel prossimo mese di ottobre, un anno in anticipo rispetto alla scadenza del secondo mandato, non più rinnovabile a termini di legge. Visco lo farebbe per consentire a Mario Draghi che in autunno sarà ancora premier la nomina del successore insieme al ministro dell’Economia, Daniele Franco, evitando così l’incombenza naturale al governo successivo che nascerebbe dalle scelte degli elettori italiani alle politiche della primavera 2023.

L’operazione di Bankitalia

Perché “operazione bulloni”? Perché la successione in Bankitalia, come molte altre nomine pubbliche sarebbero il modo con cui Draghi prima di levare il disturbo come la legislatura alla fine impone, imbullonerebbe un sistema di potere a lui congeniale per evitare che a metterci mano possano essere i “barbari” eventualmente trionfatori nelle prossime urne. L’ipotesi oltre che a Draghi e al milieu di via Nazionale, piacerebbe anche al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, oltre che al Foglio che ha fin messo un po’ in secondo piano una notizia bomba come quella delle dimissioni anticipate del banchiere centrale italiano per lodarne prima di tutto il fine: non fare toccare palla a Giorgia Meloni e Matteo Salvini e pure a Silvio Berlusconi, mai toccasse alla loro coalizione arrivare al potere l’anno prossimo.

Poteva sembrare una buona soffiata colta al volo, pronta a diventare ballon d’essai una volta resa pubblica con tanti mesi di anticipo, non fosse che ieri mattina proprio la Banca d’Italia ha scelto di commentarla pubblicamente dando alle agenzie una delle più maldestre smentite che si possano ricordare nella comunicazione pubblica e istituzionale. «Non è all’ordine del giorno», è stato il dispaccio attribuito a fonti Bankitalia, «l’ipotesi delle dimissioni anticipate del governatore Ignazio Visco». Che è stato come buttare benzina sul fuoco e alzare le fiamme altissime: se non è «all’ordine del giorno», si dice che ora no, ma domani… Questione di dare tempo a chi prepara gli ordini del giorno, e d’altra parte ci si riferisce al prossimo autunno quindi non ci sarebbe particolare fretta.

La discussione sulle dimissioni di Visco

E infatti chiunque conosca bene dall’interno la Banca d’Italia sa che il Foglio ha raccontato la verità. Se ne stava discutendo da mesi, non a livelli del direttorio. Evidentemente quella tesi si è fatta largo, ha passato i confini di via Nazionale, deve essersi fatta un giro dalle parti del Colle, per poi planare a palazzo Chigi. E così ha preso forma l’idea di un addio anticipato dell’attuale governatore e della sua sostituzione con Fabio Panetta, l’italiano che oggi siede nel board della Bce dove è fondamentale per aiutare a non fare troppe gaffe Christine Lagarde e dove guida il progetto dell’euro digitale considerato fondamentale per aiutare la forza della moneta unica. Panetta è nato e cresciuto in Banca d’Italia dove diventò direttore generale, e che lasciò a malincuore per Francoforte proprio su pressing di Draghi e di Sergio Mattarella.

C’è chi dice che allora per convincerlo fu promesso il suo rientro in Italia che avverrebbe con questo stratagemma delle dimissioni anticipate. Queste cose non sempre funzionano come vengono progettate, e chissà che poi spingendo per una soluzione così alla fine non ci si ritrovi con candidati meno attesi. Ma è proprio la preparazione del piano “bulloni” quella che fa saltare sulla sedia. L’idea stessa di fermare i barbari con cui in gran parte Draghi oggi condivide le responsabilità di governo e sottrarre loro i poteri che democrazia e Costituzione assegnano ha qualcosa di eversivo da regimetto alle cipolle, e stupisce che possa essere stata partorita ai vertici delle nostre istituzioni. Preferirei pensare a un piano un po’ ardito partorito da qualche mente non sopraffina che mai cascherà in un ordine del giorno né oggi né in futuro.

Meglio credere allo stesso Draghi che ieri pressato dai giornalisti è sembrato cascare dalle nuvole, smentendo con la forza di vere smentite e infilandoci una piccola malizia: «Nomine? Se mi parlate di nomine mi vengono in mente quelle dei vertici di Invitalia». Così su un piatto di argento ha regalato a tutti il nuovo benservito a Domenico Arcuri, che si prepara a fare le valigie. Proprio ieri l’assemblea di Invitalia è stata aperta e chiusa con il rinvio. Perché lì vuole avere voce in capitolo Matteo Salvini e la soluzione diventa un pizzico più complicata. Ciao ciao ad Arcuri, ma non è sciolto ancora l’accordo su Enrico Pazzali che dovrebbe prenderne il posto…

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