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ApprofondimentiStartup Dom 19 marzo 2023

Digital Magics e LVenture Group vanno verso le nozze

Marco Gay (Digital Magics) e Luigi Capello (LVenture Group): "Operativi a fine anno, portafoglio di oltre 200 startup" Digital Magics e LVenture Group vanno verso le nozze
Alberto Mapelli
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Alberto Mapelli

La fusione di Digital Magics e LVenture Group

Digital Magics e LVenture Group, due dei soggetti più importanti del venture capital italiano, hanno deciso di fondersi. L’annuncio del progetto di unire le forze è forse passato in sordina, con l’attualità e le crisi bancarie prima statunitense e poi svizzera a distogliere l’attenzione di mercati e commentatori. Ma da questa operazione nascerà – spiegano a Verità&Affari l’amministratore delegato di LVG, Luigi Capello e il presidente esecutivo di DM, Marco Gay – “un player leader in Italia e che avrà ambizioni anche internazionali”.

Quando e perché nasce la volontà di unirsi?

Capello: “Circa due anni fa ne abbiamo parlato la prima volta, con un’accelerazione e un inizio concreto dello studio di un possibile matrimonio sei mesi fa. Si tratta di una scelta arrivata in modo naturale, dettata anche dalla crescita del mercato italiano. Si è passati da un mercato da 200 milioni di investimenti annui a uno da 2 miliardi. In un contesto simile le dimensioni iniziano a contare se si vuole essere un player importante. E per farlo ci sono due strade: trovare un azionista oppure unire le forze per creare una realtà in grado creare valore. Abbiamo scelto la seconda via”.

Gay: “Aggiungo che la scelta di unirci in un Paese spesso diviso come l’Italia penso sia un bel messaggio: siamo da sempre convinti che fare sistema sia necessario per crescere. In questo modo, poi, diventiamo un punto di riferimento italiano nel venture capital con ambizioni internazionali, anche perché l’ecosistema ora ci consente di entrare in competizione con altri Paesi”.

Parlate di sbarco sul mercato internazionale: avete già identificato alcune aree di interesse?

C: “Avremo la possibilità di essere degli aggregatori, sia in Italia sia all’estero. L’idea è guardare e avere dei collegamenti con il resto del mercato europeo, gli Stati Uniti e Israele”.

G: “Nel Sud Europa diventeremo un player significativo. Credo che guarderemo con attenzione anche ai Paesi del Golfo. Quello di cui siamo convinti è che ci sia spazio e che l’ecosistema italiano possa essere attrattivo. Il nostro Paese ha grande tradizione nella storia dell’innovazione e possiamo portarla avanti. Continueremo a cercare imprenditori che abbiano le idee giuste, con spirito innovativo e che siano capaci di metterle a terra in tempi brevi”.

È già possibile parlare della potenza di fuoco che avrà la nuova realtà?

C e G: “La strategia è ancora in fase di definizione, quindi riteniamo sia troppo presto per dare dei numeri sugli investimenti che realizzeremo. Quello che è certo è che il nuovo soggetto partirà con un portafoglio di oltre 200 startup e l’obiettivo di integrarne dalle 50 alle 70 ogni anno”.

Nell’annuncio dell’accordo parlate indicativamente di un’operazione da completare entro la fine dell’anno.

C e G: “Dopo questo periodo di verifiche e approfondimento arriveremo alla quadra definitiva realisticamente verso giugno. Il nuovo soggetto sarà operativo verso la fine del 2023”.

L’ecosistema italiano del venture capital è cresciuto molto negli ultimi anni. Il settore è sostenuto in maniera adeguata?

C e G: “Il tema ecosistema Italia è cruciale per far continuare a crescere un mercato che, nonostante la partenza in ritardo di qualche anno, sta raggiungendo quello degli altri Paesi europei. Il ticket medio degli investimenti in Italia oscilla tra i 750 mila euro e il milione. In Europa la media è intorno al milione di euro. Culturalmente l’Italia ha superato il blocco culturale sulle startup, la fase dei ragazzi nel garage l’abbiamo superata (ride, ndr). È chiaro che ora l’ecosistema vada sostenuto, con policy che aiutino e incentivino gli investimenti. Ma l’attenzione c’è per il settore, basti pensare al lavoro di Cdp Venture capital. Siamo nel momento dell’entusiasmo, tanto che iniziamo ad attrarre anche startup dall’estero”.

Credete che quanto accaduto a Silicon Valley Bank possa avere conseguenze negative per il mondo del venture capital europeo o, come dopo ogni tempesta, possono esserci delle opportunità da cogliere?

G: “Chiaramente quanto successo a Svb non è una buona notizia, ma sono mercati differenti e con un grado di maturità e di attenzione diversa. Ci sarà sicuramente un po’ di cambio di percezione, ma non va dimenticato che parliamo di economia reale, di imprese, di creazione di valore. E sicuramente si presenteranno delle opportunità, perché l’innovazione non si fermerà”.

C: “Sottolineo che non ci sono startup italiane che hanno soldi bloccati in Svb e comunque i clienti sono stati tutelati. Dal punto di vista finanziario è sicuramente un fatto grave che porterà delle conseguenze”.

Al netto degli sbalzi dei titoli causati dalle notizie di questi giorni, com’è stato accolto il progetto di unione?

C: “In modo estremamente positivo, anche oltre le mie aspettative. È stato compreso che con un mercato che cresce è necessario che anche i soggetti al suo interno crescano. E la strada dell’aggregazione è una strada intelligente”.

G: “La risposta degli investitori e del mondo dell’innovazione è stata molto positiva. Il progetto di fare sistema in un mercato che cresce dimensioni è stato compreso e apprezzato”.

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