Tim, Vivendi scende sul piede di guerra
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In evidenzaTlc Mer 08 marzo 2023

Vivendi scende sul piede di guerra. In Tim "saremo un socio molto attivo"

Per Vivendi le due offerte ricevute da Tim sono troppo basse. Il ceo de Puyfontaine: "deve emergere il vero valore dell'azienda" Vivendi scende sul piede di guerra. In Tim "saremo un socio molto attivo" ARNAUD ROY DE PUYFONTAINE AMMINISTRATORE DELEGATO VIVENDI
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Tim, Vivendi: proposte al di sotto del reale valore della rete

Per il numero uno di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine, le offerte per Tim “non incontrano le nostre aspettative”. Per questo Vivendi promette di essere un investitore “molto attivo” affinché “emerga il vero valore dell’azienda che è costata al gruppo francese 1,34 miliardi di svalutazioni nel 2022. “Vogliamo venga creato valore per tutti gli azionisti. Vediamo l’Italia come una opportunità. Non ci sono cambiamenti rispetto alla nostra visione” ha aggiunto de Puyfontaine, a margine dell’incontro sulla presentazione dei risultati 2022 di Vivendi . 

Il punto è però che “le offerte, così come le conosciamo per quanto pubblicato dalla stampa” sono “di molto inferiori al reale valore di una bellissima compagnia come Telecom Italia” ha aggiunto il top manager del gruppo che ha archiviato l’anno con un fatturato da 9,6 miliardi (+10,1%) e un miliardo di perdite proprio a causa di Tim. Le indicazioni che la “scorsa settimana sono arrivate dal governo italiano sono importanti segnali e ci fanno sperare nella possibilità di aprire un capitolo nuovo. Ma si tratta di una situazione in cui “ci sono praticamente aggiornamenti quotidiani. E noi saremo un investitore molto attivo. Esattamente cosa faremo? Ci sono molteplici scenari. Quello che vogliamo – ha ripetuto – è realizzare uno scenario che possiamo supportare ad abbia come prerequisito essere allineati con l’ambisione strategica del nuovo azionista italiano di costruire una situazione attrattiva sul mercato delle telecomunicazioni in Italia”. Tuttavia il presupposto perché ciò avvenga è che “venga riconosciuto il valore” di Tim  “e quello che leggo nella stampa non in contra le nostre aspettative”. 

La posizione dei francesi non promette niente di buono

Detto in altri termini, non sono buone notizie quelle che arrivano dalla Ville Lumiere mentre in casa Tim si valuta il da farsi con le due offerte sul tavolo: quella presentata dal fondo Kkr e quella che proviene dal tandem Cdp-Macquarie. Nella sua storia, ogni volta che Vincent Bolloré ha annunciato che sarebbe stato un investitore attivo, ha sostanzialmente dichiarato guerra alla società preda. E’ accaduto così quando ha conquistato Havas, ma anche in altre operazioni, come quella che lo portò a comprare i cinema Pathé e più di recente a mettere le mani sul gruppo Lagardère. 

Non a caso, secondo quanto riferiscono fonti finanziarie francesi, Vivendi ha messo sotto osservazione anche le mosse dell’amministratore delegato Pietro Labriola la cui poltrona è ormai traballante. Il redde rationem non sarà  il 15 marzo in consiglio dove peraltro i francesi non sono più presenti anche per procedere al deconsolidamento della partecipazione in Tim.  Ma arriverà in assemblea, prevista per il prossimo 20 aprile. 

Vivendi sa bene infatti che sul tavolo ci sono tre opzioni. La prima prevede che vada in porto una delle due proposte. La seconda che ci sia un accordo a tre in stile Autostrade per l’Italia. La terza è che ritorni d’attualità il piano Minerva di Fratelli d’Italia. Nei tre casi c’è una certezza: i francesi non sono disponibili a svendere la rete Tim che, nella loro visione, vale a 31 miliardi contro i 20 messi sul piatto nelle due offerte. Il rischio dietro l’angolo è quindi che alla fine l’operazione si faccia ad un costo salatissimo che finiranno col pagare gli italiani come testimonia il fatto che Agcom è pronta a dare il via libera agli aumenti sul canone fisso. 

Intanto Vivendi è in allerta sulle mosse di Mfe

Sullo sfondo, mentre va avanti la partita Tim, il gruppo della famiglia Bolloré sta osservando da vicino anche MediaForEurope di cui è socio con una partecipazione del 23,9 per cento. Le due partite non sono infatti mai state scorrelate l’una dall’altra. Ma al momento della tregua, nella primavera 2021, i francesi hanno promesso di ridurre la loro quota nel capitale dell’ex Mediaset. Di fatto però l’operazione di cessione è andata a rilento, ufficialmente per via dei prezzi di Borsa che non sono interessanti per Vivendi.

Intanto però Mfe sta sviluppando il suo polo media europeo. Il gruppo guidato da Piersilvio Berlusconi sta per concludere la partita spagnola: mercoledì prossima si riuniranno i cda della divisione iberica e di Mfe per dare il via libera alle nozze e poi entrare nella fase operativa dell’aggregazione. Si aggregheranno così due realtà che in Borsa valgono rispettivamente circa un miliardo e 1,44 miliardi in termini di capitalizzazione. Allo stesso tempo Mfe è tornata anche  con forza sulla preda tedesca, la controllata (29,9%) Prosiebensat che non è riuscita ad approvare il bilancio 2022.

In scena, in Germania, è spuntato poi anche il miliardario ceco Daniel Kretinsky che ha comprato poco più del 9% di Prosiebesat, gruppo che ha un valore di mercato di poco superiore ai due miliardi. Con quali obiettivi? Secondo indiscrezioni potrebbe essere un approccio speculativo in vista della rimonta dei prezzi. O magari dell’attenzione di un potenziale acquirente. Prosiebensat, proprio come Mfe, fa gola anche a Vivendi che in Borsa invece vale circa 11 miliardi. Prova insomma che il risiko sulle tlc e sui media del Vecchio continente è ancora in pieno divenire. Vivendi e Mfe ne sono al centro. Con Tim che resta una merce di scambio. E il governo italiano come convitato di pietra.

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