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ApprofondimentiAuto Gio 23 marzo 2023

Auto green, dall'Unione europea apertura verso i tedeschi e schiaffo all'Italia

La Commissione Ue è intenzionata a inserire, come chiesto da Berlino, i carburanti e-fuels tra quelli permessi dopo il 2035 Auto green, dall'Unione europea apertura verso i tedeschi e schiaffo all'Italia Frans Timmermans
Maurizio Cattaneo
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Maurizio Cattaneo

La Ue dà uno schiaffo all’Italia

Apertura ai tedeschi e stop alle richieste italiane. E’ questa la situazione che sta emergendo al Consiglio europeo sull’auto green.  Che la Commissione cercasse un compromesso solo con Berlino, dopo la bocciatura del regolamento che prevedeva il passaggio a tappe forzate verso la sola auto elettrica dal 2035 (grazie al no di Italia, Germania, Polonia e Bulgaria) era già in parte emerso in questi giorni. Ma le ultime dichiarazioni degli esponenti di  Bruxelles non lasciano spazio a dubbi.

“Stiamo parlando all’interno del quadro dell’accordo, non stiamo allargando il quadro. L’accordo prevede un passaggio sugli e-fuels, tutto ciò che stiamo facendo è essere più espliciti sul significato di questo passaggio. Qualsiasi altra cosa aprirebbe l’intero accordo, non è quello che stiamo facendo – ha detto il vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans arrivando al vertice. – Sull’intesa c’è già una maggioranza al Parlamento e al Consiglio Ue”.

“Abbiamo bisogno di una prevedibilità legislativa. Il provvedimento sulle auto aveva completato il suo iter. Non possiamo tornare indietro sugli accordi perché si danneggerebbero la fiducia tra i co-legislatori e la credibilità del processo legislativo”: ha fatto eco la presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola.

L’utilizzo degli e-fuels

A chiudere il cerchio le parole del cancelliere tedesco Olaf Sholz. “C’è già consenso in Ue sul fatto di consentire l’utilizzo delle auto con motore a combustione interna dopo il 2035 utilizzando gli e-fuels – ha detto Sholz arrivando al vertice.  – Ora è davvero solo una questione di trovare il modo giusto in maniera pragmatica per attuare questa promessa che la Commissione ha fatto molto tempo fa”. “L’idea –  ha affermato il cancelliere tedesco – è che dovrebbe esserci un regolamento proposto dalla Commissione europea per garantire che dopo il 2035 i veicoli che possono essere utilizzati esclusivamente con e-fuel possano continuare ad essere registrati”. Insomma l’apertura sembrerebbe  solo sugli e-fuel e non sui biocarburanti come chiesto da Roma.

Giochi fatti, dunque? Non proprio. Il  presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è infatti intenzionato a investire della questione  direttamente la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. E lo farà subito a margine del vertice Ue in corso. L’Italia ha ribadito che senza una deroga per i biocarburanti manterrà il voto contrario.

E-fuel e biocarburanti, una differenza sostanziale

Ma perché è così importante specificare nel nuovo testo il via libera ai biocarburanti e non solo agli e-fuels?  Intanto vediamo  le differenze che li distinguono dai carburanti sintetici e in che modo puntano entrambi ad azzerare o ridurre le emissioni di anidride carbonica in atmosfera.

Gli e-fuel vengono prodotti combinando chimicamente idrogeno e anidride carbonica. L’idrogeno viene ottenuto per elettrolisi dall’acqua e per farlo serve molta energia elettrica e molta acqua. Affinché i carburanti sintetici siano davvero a zero emissioni di CO2 occorre che questa elettricità venga da fonti di energia rinnovabili come quella solare, eolica, geotermica, idrica o dalle maree.
biocarburanti, come il bioetanolo e il biodiesel vengono invece prodotti dalle biomasse, cioè dagli scarti di materia organica generata dalle piante e dagli animali. Per la produzione delle biomasse vengono utilizzati gli scarti dell’industria agroalimentare, i rifiuti organici urbani, le ramaglie verdi di attività agricole e forestali, i residui della legna da ardere e altro ancora.

I biocarburanti sono “virtualmente” carbon neutral perché, impiegati per alimentare i motori termici, sviluppano l’anidride carbonica già presente nella biomassa di partenza, a sua volta captata dall’atmosfera e fissata nella materia organica dalle piante attraverso la fotosintesi.

Biocarburanti e l’Italia

In Italia è l’Eni a guidare la ricerca sulla produzione dei biocarburanti avanzati o di seconda generazione, in particolare con il progetto Waste to Fuel che ottiene biocarburanti dagli scarti alimentari attraverso una tecnologia che ricava bio-olio dalla frazione organica dei rifiuti domestici.

Ogni anno in Italia vengono raccolte circa 30 milioni di tonnellate di rifiuti. Di queste, 18 milioni di tonnellate sono correttamente differenziate e, all’interno di queste, circa 7 milioni di tonnellate sono di Forsu (frazione organica dei rifiuti solidi urbani). Promuovendo una maggiore e più corretta differenziazione degli scarti di cucina si potrebbero raggiungere 10 milioni di tonnellate di Forsu ogni anno. Questa, attualmente, viene utilizzata soprattutto per produrre compost per l’agricoltura e biogas.

Abbinando una buona raccolta differenziata a una diffusione degli impianti Waste to Fuel, su tutto il territorio nazionale, potremmo idealmente ricavare ogni anno circa un miliardo di litri di bio olio, equivalente a circa 6 milioni di barili di greggio all’anno. Sarebbe come scoprire un piccolo giacimento senza, però, dover perforare pozzi e senza, soprattutto, emettere ulteriore CO2 nell’ambiente.

Con una sola azione potremmo dare un grande contributo alla sicurezza energetica del Paese e ridurre, al tempo stesso, la quantità di rifiuti e le emissioni di gas serra. Ma un’altra tecnologia brevettata di Eni è anche il sistema Ecofining che trasforma materie prime di origine biologica in biocarburanti di alta qualità.

Insomma l’Italia sarebbe già pronta per arrivare a quelle emissioni zero senza dover ricorrere alla sola transizione all’elettrico, tecnologia  che tra l’altro pone problematiche di super inquinamento alla fonte (materie prime per le batterie) e di smaltimento. Non solo: sull’auto elettrica sono i cinesi ad avere un forte vantaggio competitivo tanto che dalle case automobilistiche europee e dai sindacati è partito l’allarme su quasi un milione di posti di lavoro a rischio. 

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