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AperturaImprese Sab 21 ottobre 2023

Anpit, la transizione energetica a tappe forzate è un rischio per le imprese

Per le piccole e medie imprese italiane la transizione energetica rischia di essere più un peso che un’opportunità. E questo non perché qualcuno voglia continuare ad inquinare, ma semplicemente perché gli obiettivi fissati da Bruxelles sono troppo ambiziosi in termini temporali. Detta in altri termini, il cambiamento è voluto e... Anpit, la transizione energetica a tappe forzate è un rischio per le imprese Federico Iadicicco, presidente di Anpit
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Per le piccole e medie imprese italiane la transizione energetica rischia di essere più un peso che un’opportunità. E questo non perché qualcuno voglia continuare ad inquinare, ma semplicemente perché gli obiettivi fissati da Bruxelles sono troppo ambiziosi in termini temporali. Detta in altri termini, il cambiamento è voluto e possibile, ma lungo un percorso che non può essere a tappe forzate. Tanto più in un periodo storico così delicato come quello attuale. Per il presidente di Anpit- Azienda Italia, Federico Iadicicco, bisogna ripensare il progetto. Partendo dall’Europa che deve essere più vicina ad imprese e cittadini sostenendo crescita e benessere.

“Veniamo fuori da una pandemia che mai nessuno avrebbe immaginato. E ci sono due conflitti importanti in corso. Senza contare l’aumento del costo del denaro e la recente fiammata inflazionistica legata all’incremento dei prezzi dell’energia. Lo scenario è già abbastanza complesso per forzare la mano alle aziende anche sui target ambientali” spiega. A suo dire quello di cui il sistema produttivo ha bisogno è una vera riforma fiscale che il governo di Giorgia Meloni ha avviato con la manovra. Un intervento che, limitatamente alle risorse disponibili, tenti di rilanciare i consumi. 

In manovra il governo ha fatto bene

“Mi sembra una manovra molto equilibrata” dichiara l’imprenditore che spera venga ora anche risolta positivamente la questione degli aiuti durante il periodo Covid. L’argomento è di particolare rilievo visto che tante aziende si sono indebitate appoggiandosi alla garanzia pubblica, ma ora con l’aumento dei tassi d’interesse si ritrovano con oneri finanziari quintuplicati. Il tutto con le scadenze del Pnrr alle porte. “C’è bisogno di risolvere al più presto la vicenda degli aiuti Covid che potrebbero, in  ultima istanza, pesare anche sulla finanza pubblica” aggiunge.

Quanto ai fondi del Pnrr, la strada è ancora lunga

Il rischio di contenzioso allontana le imprese straniere, mentre le aziende italiane di media taglia non sono ancora pronte a cogliere questa opportunità in tempi brevi. “Credo che il problema principale nell’uso dei fondi del Pnrr stia nel fatto che le imprese italiane di piccole e medie dimensioni non hanno le competenze per affrontare in maniera tempestiva gli investimenti previsti nell’ottica di sostenibilità e innovazione – precisa -. Elementi che una Pmi italiana può acquisire, ma non in un lasso temporale così ristretto come quello previsto dal Pnrr. Il Piano potrà svolgere a pieno la sua funzione solo se si concentrano le risorse sui grandi investimenti infrastrutturali di cui da tempo ha bisogno il Paese e che rappresentano la leva da cui ripartire. Se invece immaginiamo che le piccole e medie imprese italiane possano improvvisamente diventare innovative, corriamo il rischio che non ci siano i tempi. Non che questa esigenza di innovazione non esista, ma andrebbe programmata in un lasso di tempo più lungo rispetto alla deadline del Pnrr”.

Ma se così stanno le cose quali sono le prospettive per il Paese? E che cosa bisogna attendersi per il nuovo anno?

“Nel nuovo anno si giocherà il futuro dell’Italia e del Vecchio continente -precisa – L’Europa è in declino politico. Il percorso che abbiamo immaginato per l’Unione ha dimostrato dei grossi limiti e ci troviamo ad un bivio: o il progetto finisce oppure si fa veramente l’Europa. Con intelligenza, guardando agli interessi dei popoli che la compongono, in una Unione meno attaccata ad alcune regole di natura finanziaria che si è autoimposta e capace anche di essere protagonista anche nello scenario globale”.

 “Sullo scacchiere internazionale oggi purtroppo l’Europa è una grande assente. Ma il mondo intanto si muove. La sua assenza è evidente non solo rispetto alla guerra fra Russia e Ucraina, ma anche nel conflitto Israelo-palestinese. Non mi sembra, in sintesi, che ci sia una sola voce forte dell’Unione. Nel frattempo siamo rimasti indietro anche nella sfida sul continente africano, in un certo senso casa nostra visto che affacciamo sul Mediterraneo. Intanto gli Stati Uniti si sono posizionati, la Cina ha occupato di fatto l’Africa. La Russia è intervenuta militarmente” precisa.

Un nuovo ruolo per il Vecchio continente

“Questa assenza dell’Europa pone importati interrogativi. Spero che la sfida delle europee non diventi un promosso o bocciati per i governi nazionali come spesso accade, ma sia l’occasione per riflettere sul cambiamento strutturale dell’assetto istituzionale e quindi anche economico dell’Unione” sottolinea.

Si può rinunciare ad un pezzo di sovranità nazionale in cambio di un aumento della sovranità popolare. E’ necessario che ci sia un’Europa che dia più voce ai cittadini europei anche con l’elezione diretta del presidente della commissione. E poi bisogna immaginare politica estera comune e una politica economica unica, sempre con equilibrio, guardando alla crescita” riprende. Così magari si potrà anche arrivare ad una soluzione diversa per la Palestina. E invece che “parlare di due popoli in due Stati si potrà magari immaginare due popoli in uno Stato con un progetto ambizioso, ma non per questo impossibile” conclude. “Soprattutto in tempi di epocali cambiamenti come quelli che stiamo vivendo”.

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