Franchising, big esteri contro piccoli licenziatari. Caso McDonald's
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AperturaImprese Italiane Sab 17 giugno 2023

Franchising, così le multinazionali mettono alle strette i piccoli imprenditori italiani. Il caso McDonald's

Secondo l'Antitrust i contratti di McDonald's necessitano correttivi per non stritolare i licenziatari. La multinazionale aggiusta il tiro Franchising, così le multinazionali mettono alle strette i piccoli imprenditori italiani. Il caso McDonald's MCDONALD'S
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Franchising, non è tutto oro quel che luccica. Così l’Antitrust nel caso McDonald’s

Altro che grande occasione di business. Per alcuni licenziatari di McDonald‘s il panino è risultato indigesto. Al punto di decidere di presentare il conto alla multinazionale statunitense dei fast food. Tutta colpa di contratti di francising che prevedono lacci troppo stringenti e imoediscono di fatto ai piccoli imprenditori licenziatari di farsi i conti in tasca prima di aviare l’attività. Non consentono di scegliere a proprio piacimento i fornitori e prevedono persino vincoli sulla distanza dell’imprenditore dal ristorante. Previsioni che, secondo l’Antitrust, sono eccessive. Per questo la multinazionale ha accettato misure correttive, evitando così di incorrere in una multa che poteva raggiungere fino al 10% del fatturato. Ma il punto è che il caso McDonald’s non è isolato nel mondo del francising e in Antitrust questo lo sanno bene. Ma andiamo per gradi. 

Tutto parte da una delibera dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che interviene nel rapporto fra i franchisee di McDonald’s e la corporation americana per verificare la dipendenza economica così come stabilita all’articolo 9 della legge 192 del 1998. E prosegue poi con le richieste di risarcimento in sede civile prossime a maturare. Una bella gatta da pelare per un gruppo che in Italia conta circa 640 ristoranti, oltra a 95o esercizi commerciali di cui  420 McDrive e 530 Mc Cafè. Tutti gestiti prevalentemente in francising da 140 licenziatari sparsi in tutta Italia. Interpellata sul punto, McDonald’s ha deciso di non rilasciare commenti.  

La vicenda risale al marzo del 2021

Tre imprenditori, affiliati di McDonald’s, presentano delle segnalazioni all’Autorità lamentando alcune criticità nel rapporto con McDonald’s. Le difficoltà riguardano non solo la fase antecedente l’avvio della partnership, ma anche l’attività in corso d’opera e l’eventuale fine del contratto di francising.

I rilievi sono diversi. In particolare gli imprenditori italiani contestano l’abuso di dipendenza economica generato dalla posizione di debolezza in cui si trova l’imprenditore locale rispetto alla corporation. Più precisamente i tre affiliati denunciano l’esistenza di un obbligo di formazione interamente a proprio carico, l’assenza di informazioni durante il periodo di traning sulla redditività media dei ristoranti e persino l’impossibilità di prendere visione del contratto prima della stipula.

Tanti i punti critici

Non solo. Nel contratto di francising ci sono poi “numerose condizioni negoziali (…) particolarmente gravose per gli affiliati” si legge nella delibera dell’adunanza del 14 giugno 2022.  Fra queste l’obbligo di farsi carico di tutte le spese per dotazioni e macchinari, oltre all’obbligo di investire una percentuale non inferiore all’1,5% del fatturato per la pubblicità locale e a delle limitazioni sulle politiche dei prezzi. E poi persino un impegno personale dell’imprenditore affiliato a mantenere la sua residenza ad una distanza non maggiore di 50km oltre ad esercitare l’attività in  maniera esclusiva a favore della gestione del fast food.

Per non parlare delle forti limitazioni nella selezione dei fornitori e del fatto che gran parte degli investimenti risultano irrecuperabili alla scadenza del contratto. Tutti elementi che l’Autorità analizza anche con l’aiuto di Assofrancising e da cui emerge uno spaccato inedito non solo del rapporto fra i licenziatari e la Corporation americana, ma l’intera giungla che domina i rapporti fra i piccoli imprenditori italiani e le grandi aziende internazionali. Con queste ultime pronte a dettar legge sfruttando una posizione di forza. E questo a dispetto delle pesanti ammende che rischiano i francisor.

Il procedimento dell’Autorità mette in allerta il gruppo americano. E non solo

E così, dopo l’apertura dell’istruttoria, inizia una fase di negoziazione su quelli che possono essere i correttivi da introdurre al contratto di francising per evitare abusi correlati alla dipendenza economica. Una fattispecie che se verificata potrebbe portare ad una multa fino al 10% del fatturato mondo. Non a caso il gigante dei fast food sceglie la via della mediazione. Propone di effettuare dei correttivi ai contratti. Qualche esempio? L’obbligo di reinvestire a livello locale nella pubblicità scende dall’1,5% allo 0,5%. Salta l’imposizione della residenza nel giro di 50Km rispetto al ristorante e soprattutto sono ipotizzate delle misure per mitigare l’impatto di un’apertura in prossimità di un fast food già esistente, non essendo presente l’esclusiva territoriale.

“Sulla base di quanto proposto, si ritiene che gli impegni proposti da Mc Donald’s siano complessivamente idonei a rimuovere le preoccupazioni concorrenziali connesse ai profili di abuso dipendenza economica ipotizzati nel procedimento di avvio ai sensi dell’art.9 della legge 198/1992” conclude l’Autorità. Resta però da regolare il passato con risarcimenti che dovrà stabilire il giudice in sede civile. Per McDonald’s, E non solo visto che il problema della dipendenza economica sembra legato a doppio filo con il modello di francising.

Dal Big Mac ai supermercati Carrefour

Ciò che accade nel francising non è indifferente al mondo del lavoro. Lo testimonia il caso di Carrefour dove la ristrutturazione della divisione italiana sta avvenendo trasferendo parte della rete di distribuzione a licenziatari nazionali. Con tanto di impatto sul mondo del lavoro come rivelato da Mattia Scolari, segretario della Federazione lavoratori artigiani industria e commercio (Flaica) CUB di Milano. Di conseguenza il rischio esuberi è dietro l’angolo. Segno che c’è ancora molto da fare nel mondo del francising. 

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