I gufi tifano per il declassamento dell'Italia: la prima grana di Giorgia
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CronacaPrimo piano Mer 28 settembre 2022

Spread e debito pubblico, la prima grana di Giorgia. I gufi ora tifano per il declassamento dell'Italia

I riflettori si sono infatti già spostati sulle pagelle in arrivo dalle grandi agenzie come Standard&Poor’s e Moody’s. Spread e debito pubblico, la prima grana di Giorgia. I gufi ora tifano per il declassamento dell'Italia
Camilla Conti
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Camilla Conti

Il declassamento del rating dell’Italia

I riflettori si sono infatti già spostati sulle pagelle in arrivo dalle grandi agenzie come Standard&Poor’s e Moody’s. Il problema del nostro Paese è l’alto debito pubblico e quindi ecco che spuntano i “gufi” del rating. «Il nuovo governo assume il potere in un momento difficile per l’economia italiana ed europea. Sulla scia dell’aumento dei prezzi dell’energia e dell’indebolimento della domanda globale, S&P Global Ratings prevede una lieve recessione in Italia il prossimo anno, con una previsione del Pil in contrazione dello 0,1% prima di una ripresa dell’1,5% nel 2024», si legge nel bulletin dell’agenzia di rating americana che sottolinea come il margine di bilancio dell’Italia è limitato, con il debito pubblico che dovrebbe chiudere il 2022 a poco meno del 138% del Pil e il disavanzo delle amministrazioni pubbliche previsto per quest’anno al 6,3%.

Il problema del fisco

«Tuttavia – prosegue il rapporto – non prevediamo rischi fiscali immediati derivanti dalla transizione al nuovo governo. La nostra previsione di base è che il nuovo governo metta a punto la legge di bilancio 2023 entro la fine di ottobre e la sottoponga al parlamento a novembre, fatti salvi gli obiettivi di bilancio indicati nell’attuale programma di stabilità pubblicato ad aprile». La chiave per la ripresa economica (e indirettamente per le finanze pubbliche) – prosegue S&P – nel 2023-2024 sarà se il nuovo governo attuerà le riforme del suo Piano nazionale per la ripresa e la resilienza per consentire l’erogazione dei restanti 145 miliardi di euro del totale di 191 miliardi (10% del PIL) in prestiti e sovvenzioni dal meccanismo di resilienza e ripresa della Ue. Un’eventuale revisione degli obiettivi del Pnrr, sottolinea l’agenzia, potrebbe causare un ritardo nelle erogazioni programmate e aumentare l’incertezza sulle prospettive economiche in un momento in cui le condizioni di finanziamento delle famiglie italiane e dello Stato continuano a restringersi».

Il tifo dei “gufi” si concentra però sulle mosse di Moody’s che già ad agosto aveva rivisto al ribasso le prospettive per il Paese da negativo da stabile e che venerdì 30 settembre è chiamata a esprimere un aggiornamento sul giudizio legato all’Italia, attualmente è “Baa3” negativo, l’ultimo livello prima di entrare nel segmento speculativo, detto anche high yield o junk, spazzatura. Se l’Italia venisse bocciata, il costo del debito in area high yield è decisamente più alto rispetto alla zona investment grade dove si trova ora. Il Paese rischia di scivolare in un momento sbagliato, perché la Bce ha avviato un luogo e storico percorso di aumento di tassi, con l’inflazione in Eurozona attesa al 10% entro dicembre.

Quali minestri?

Ma Moody’s potrebbe prendere tempo e rimandare la decisione dopo la scelta della composizione del governo e della legge di bilancio 2023. Anche perché la scelta dei ministri (in particolare il capo del Mef) sarà fondamentale per capire le probabili intenzioni dell’esecutivo su temi caldi (rapporti con Ue, Pnrr, relazioni con Stati Uniti, politica estera). Il 21 ottobre sarà la volta di S&P (ora “BBB” Stabile), il 28 ottobre di Dbrs (“BBB” high Stabile) e il 18 novembre del giudizio di Fitch (“BBB” Stabile).

Di certo, il debito pubblico in scadenza entro il 2023 è composto per l’89,3% da Btp, pari a 1.990,4 miliardi. Secondo Unimpresa i titoli di Stato in circolazione attualmente valgono 2.229 miliardi e oltre il 10% di questa cifra va gestito nei primi 15 mesi della prossima legislatura. Nello specifico, il nuovo governo entro il 2023 dovrà rimborsare e poi rinnovare con nuove emissioni tra Bot, Btp, Cct e Ctz 435 miliardi, di cui 100 a partire da oggi, 26 settembre, fino alla fine dell’anno.

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