Il super esperto Casula: "Vi dico tutta la verità sul nucleare"
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EnergiaIn evidenza Gio 04 maggio 2023

Il super esperto Casula: "Vi dico tutta la verità sul nucleare"

Roberto Casula, dopo 32 anni in Eni con diversi ruoli operativi e gestionali, parla del nucleare come risposta ai problemi della sostenibilità Il super esperto Casula: "Vi dico tutta la verità sul nucleare"
Redazione Verità&Affari
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Casula sul nucleare

Nei giorni in cui al cinema esce ‘Nuclear Now’ di Oliver Stone in Europa e nel mondo il tema del nucleare e tornato ad essere centrale come alternativa sostenibile al gas. Un tema che però in Italia rappresenta ancora un tabù, rafforzato dai due referendum che hanno di fatto messo nel cassetto l’ipotesi di costruzione di nuove centrali. Roberto Casula, che dopo 32 anni in Eni con diversi ruoli operativi e gestionali, recentemente si è impegnato in attività di venture capital nel settore del clean tech e nell’utilizzo di microreattori nucleari ne ha parlato all’Agenzia Nova.

Qual è l’orizzonte del nucleare, la fusione è dietro l’angolo?

Se ci riferiamo alla possibilità di immettere in rete energia da fusione la risposta è no, non è dietro l’angolo. Però, con oltre 130 iniziative pubbliche e private in circa 50 paesi, la strada dello sviluppo tecnologico sia che si parli di confinamento magnetico o inerziale o altri sistemi, è aperta. Innanzitutto bisogna ancora dimostrare di essere in grado di ottenere un guadagno netto di energia (il cosiddetto fattore di guadagno Q maggiore di uno). I programmi di molte società private ci dicono che saranno in grado di farlo entro il 2030 mentre, per i progetti pubblici, la tempistica è più lunga. Una volta fatto questo passo fondamentale, la costruzione di un reattore che sia davvero in grado di produrre in modo continuativo energia termica e quindi elettrica, la si dovrebbe vedere nel prossimo decennio. Uso il condizionale, perché in realtà le problematiche tecnologiche vanno ben al di la’ del fattore Q.

Quali sono i principali ostacoli che la scienza deve ancora superare?

Sono ostacoli soprattutto tecnologici. Innanzitutto bisogno dimostrare un guadagno netto di energia. Sicuramente la problematica del Trizio, il controllo e la stabilità del plasma, i vari componenti ed i materiali, solo per citare i più importanti. Ma ci sono aspetti sfidanti ancora tutti da risolvere, che riguardano le future operazioni di produzione e manutenzione.

Cosa intende per problematica del Trizio?

Trizio e Deuterio sono i due isotopi dell’idrogeno utilizzati per la reazione di fusione. Mentre il Deuterio si trova nell’acqua di mare e il suo processo di estrazione è relativamente semplice, il Trizio in natura è molto scarso, e le poche quantità odierne provengono principalmente da vecchi reattori canadesi ad acqua pesante, che producono come scarto meno di mezzo chilo all’anno di Trizio. Consideri che Iter arriverà a consumare circa 1 chilo all’anno. Per ovviare alla possibile scarsità di Trizio, è in fase di studio la produzione all’interno dello stesso reattore attraverso la reazione tra i neutroni della fusione con l’isotopo 6 del Litio che si trova nei componenti del rivestimento interno della camera a vuoto il cosiddetto blanket. Il prodotto di questa reazione è proprio il trizio e l’elio. Ma occorre anche un moltiplicatore di neutroni e un sistema che raccolga il trizio così formato. Insomma, è sicuramente un sistema molto complesso e una delle sfide più importanti per far si che la fusione diventi realtà.

Ci sono alternative?

Deuterio e Trizio sono stati scelti perché per le loro caratteristiche atomiche garantiscono una maggiore probabilità che si produca un numero adeguato di reazioni di fusione. Però ci sono molte altre possibili coppie di elementi ognuna con i suoi pro e contro. Per esempio Deuterio – Deuterio oppure Deuterio – Elio 3. Credo che in questo ambito ci siano margini importanti per la ricerca che va opportunamente finanziata.

La costruzione di impianti di fissione nucleari di grandi dimensioni è rallentata ed è addirittura vietata in Italia, per i timori di larga parte della popolazione sui rischi di incidenti e sul problema dello smaltimento delle scorie. Secondo lei queste paure, quanto sono giustificate?

È giusto esigere che la sicurezza sia una priorità. Ed è per questo che oggi per esempio ci affidiamo senza paure agli specialistici e agli apparati di Medicina Nucleare per indagini diagnostiche o terapie. Paradossalmente non ci preoccupiamo neanche delle relative scorie. Ora se parliamo di centrali ad energia nucleare, è importante sottolineare che le cause che hanno portato ai tre famosi incidenti di Three Mile Island, Chernobil e Fukushima sono state tutte studiate, capite e rimosse dalla nuove progettazioni. Infatti, a partire dagli impianti di terza generazione avanzata per andare alla quarta generazione, la messa a fattor comune di elementi intrinsecamente sicuri (come per esempio il combustibile o il sistema refrigerante) con sistemi di sicurezza passiva e ridondanti permettono di raggiungere le tre caratteristiche cardine per la sicurezza degli impianti: il rapido spegnimento del reattore, l’adeguata rimozione del calore generato e nessun rilascio di radioattività nell’ambiente.

Tra le soluzioni per far ripartire la produzione di energia elettrica senza emissioni di Co2 a livello europeo, in particolare in Francia e Regno Unito, si enfatizza la possibilità di affidarsi agli Smr, gli Small Modular Reactor: che cosa sono e quali sono i possibili vantaggi rispetto a impianti tradizionali di grandi dimensioni?

I progetti giganti originariamente giustificati da economie di scala sono, almeno nel mondo occidentale, in fase di riconsiderazione, non solo per l’escalation dei costi e dei ritardi, ma anche perché taglie dell’ordine del GigaWatt richiedono necessariamente l’esistenza di un bacino di utenza importante, legato ad una infrastruttura di trasporto e distribuzione e con un carico di base che assicuri l’efficienza anche economica del loro funzionamento. Questo discorso però non vale per esempio per l’India o la Cina, dove è in corso il più grande programma di costruzione di centrali nucleari di larga taglia della storia. Gli Small Modular Reactors invece hanno taglie dell’ordine di qualche centinaio di MegaWatt elettrici e sono assemblati in loco. a partire da una serie di moduli costruiti in fabbrica e trasportati sul sito. Questo ridurrà enormemente i tempi di costruzione ed ovviamente i costi, ed introdurrà importanti flessibilità in termini di ubicazione e domanda.

Ci sono delle possibili novità all’orizzonte anche nel campo delle cosiddette “batterie nucleari”? Che cosa sono e quali vantaggi offrono?

Sono dei microreattori con potenze fino a 10 massimo 20 MegaWatt elettrici. Vengono anche chiamati batterie, sia perché in grado di generare energia termica e elettrica per oltre 5 anni senza dover rifornire l’unità con nuovo combustibile, sia perché al termine del servizio possono essere sostituite rapidamente con una nuova unità grazie a sistemi “plug and play”. Come per gli Smr parliamo innanzitutto di una fonte di energia senza emissioni in atmosfera. Inoltre, è in grado di minimizzare l’uso del suolo soprattutto a parità di potenza installata. Ma la caratteristica più importante, è che la loro costruzione avviene in fabbrica per poi essere trasportate via strada, ferrovia o via mare in containers standard. L’installazione poi prenderebbe poche settimane, un mese al massimo. Il tutto accompagnato da caratteristiche di sicurezza eccezionali e tali per cui se ne può immaginare l’installazione per alimentare aree residenziali, fabbriche, data centers e altri centri.

Potenzialmente quali sono le applicazioni più indicate?

Io vedo alcune applicazioni prioritarie: utenze industriali che vogliono abbattere le emissioni e svincolarsi dalla volatilità dei prezzi delle commodities; utenze off-grid, cioè in zone remote o non raggiunte da infrastrutture di trasporto. In più ci sono i sistemi combinati di energia e produzione: pensiamo per esempio alla opportunità di creare degli hub produttivi nei siti di estrazione delle materie prime.

Secondo lei a che punto è la costruzione e la messa in opera di questi impianti?

I primi prototipi di batterie nucleari saranno pronti entro i prossimi 3-5 anni.

Dove verranno dislocati inizialmente questi impianti?

Negli Stati Uniti si concentrano le iniziative più promettenti sia governative (supportate dal Dipartimento dell’Energia e da quello alla Difesa) sia private con numerose aziende. Ma da un punto di vista commerciale le caratteristiche di trasportabilità fanno si che questi impianti possano essere dislocati ovunque. Chiaramente stante l’esistenza di un quadro regolatorio adeguato.

Quindi venendo al dunque, meglio il nucleare o le rinnovabili?

Non sono per una loro contrapposizione e non sono né per la mitizzazione delle rinnovabili né la demonizzazione del nucleare. Abbiamo bisogno di tutte le forme di energia pulita, soprattutto oggi che il cambiamento climatico ci impone di agire in fretta. Per altro la storia dell’energia ha sempre visto l’uomo andare verso fonti di energia più dense e questo spiega l’attenzione verso la fusione nucleare, che genera quattro volte più energia per kilogrammo di combustibile rispetto alla fissione e 4 milioni di volte in più rispetto alle fonti fossili. Già in passato è stato detto che l’età della pietra non è finita perché erano finite le pietre e cosi sarà per le fonti fossili.

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