Oltre a Mes e Patto di Stabilità, anche la stangata sulla casa green
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AperturaEuropa Lun 20 novembre 2023

Oltre a Mes e Patto di Stabilità, in arrivo anche lo scontro finale sulla casa green

A Bruxelles il 7 dicembre incontro decisivo per l'approvazione della direttiva sulle casa green. Una batosta per i piccoli proprietari Oltre a Mes e Patto di Stabilità, in arrivo anche lo scontro finale sulla casa green
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Non bastavano le tensioni su Mes e Patto di Stabilità, per il 7 dicembre arriva anche il redde rationem sulla casa green. Secondo quanto emerge delle bozze di testo uscite dalle trattative tra Parlamento Ue, Consiglio e Commissione – il cosiddetto trilogo – dovrebbe trattarsi dell’ultimo round rima di arrivare ad un accordo definitivo. Ma è evidente che l’intesa non potrà prescindere dagli altri dossier aperti. Almeno per il governo di Giorgia Meloni che soprattutto sul Patto di Stabilità non è intenzionato a firmare un accordo peggiorativo rispetto all’attuale assetto. 

Intanto, già prima del 7 dicembre, ci saranno almeno due vertici tecnici, i cui si tenterà di  trovare soluzioni condivise sui punti controversi del testo. Tra questi il divieto totale nell’uso di combustibili fossili negli edifici dal 2035, proposto dal Parlamento.

Che cosa bolle in pentola?

La novità più rilevante riguarda articolo 9 della cosiddetta Epbd (Energy performance of buildings directive). Nella versione del Parlamento, per gli edifici residenziali, si immaginava le scadenze per la classe energetica E nel 2030 e D nel 2033. Tuttavia, dopo un lungo braccio di ferro, Bruxelles ha aperto alla possibilità di lasciare maggiore spazio di manovra agli Stati membri sulla definizione delle tempistiche. 

Ogni Stato dovrà quindi stilare una road map per la riqualificazione del suo patrimonio immobiliare. Sarà quindi necessario definire una traiettoria di progressiva riduzione dei consumi degli edifici fino al 2050, quando si dovrà tendere alle emissioni zero. L’obiettivo è ridurre l’utilizzo medio di energia primaria, misurando il consumo al metro quadrato dei nostri edifici, a partire dal 2020. Le griglie in questo percorso sono però strette perchè ogni Stato sarà tenuto ad indicare il numero di edifici e unità immobiliari da ristrutturare ogni anno.

In un certo senso, questa soluzione ricorda quella adottata per la direttiva Bolkestein sulle spiagge. Bruxelles cioè ha lasciato margine al governo italiano per identificare la scarsità della risorsa, ma l’indagine ha evidenziato come solo il 33% della costa sia occupato cambiando quindi le carte in tavola. Fatto che ha messo in discussione l’intera procedura immaginata da Bruxelles,

Non è chiaro cosa potrà accadere al patrimonio immobiliare italiano

E’ evidente che nella road map il governo non potrà non tener conto della peculiarità degli immobili italiani, soprattutto quelli nei centri storici. E comunque di tutti quelli sottoposti a vincoli di carattere storico e culturale. La sfida insomma sarà decisamente difficile da affrontare. E la prospettiva di finire a carte bollate, come è avvenuto per le spiagge, è dietro l’angolo. 

Per ora l’Europa si preoccupa di definire una cornice all’interno della quale i paesi membri sono liberi di fissare le loro priorità. Inoltre la direttiva, prima del 2050, indica anche dei traguardi intermedi per misurare il lavoro di efficientamento. In particolare dal 2030 in poi si identificano degli scatti ogni cinque anni. Per quanto concerne i livelli di riduzione da raggiungere, i tagert saranno definiti nel corso dell’ultimo incontro politico di dicembre.

Pesa il vincolo sugli immobili energivori

C’è poi un altro punto dolente. La direttiva prevede infatti che l’operazione di miglioramento dell’efficienza energetica media degli immobili non potrà essere messa in atto puntando solo sull’impatto benefico degli edifici nuovi. Chiede piuttosto agli Stati di assicurare che “almeno il 55% della riduzione del consumo di energia primaria sia raggiunto attraverso il rinnovo degli edifici più energivori“. Nella stessa direttiva si specifica poi che gli edifici più energivori sono quelli che rientrano nel 43% di immobili con le performance più basse nel patrimonio nazionale.

In assenza di incentivi ad hoc, con un vincolo simile, gli italiani potrebbero essere chiamati a mettere mano al portafoglio a stretto giro. La prospettiva è quindi di una nuova stangata sulla casa che è uno dei principali beni posseduti dalle famiglie italiane. 

Lo stato dell’arte

Secondo i dati Istat, in Italia gli edifici residenziali sono circa 12 milioni. Di questi saranno considerati prioritari circa 5 milioni di edifici. Agli obiettivi di efficientamento potranno contribuire anche le operazioni di riqualificazione di immobili colpiti da disastri naturali, come i terremoti e le inondazioni. In questo modo, le risorse spese per piani straordinari di intervento sul territorio potranno comunque contribuire al raggiungimento degli obiettivi comunitari. A vigilare sul rispetto della direttiva sarà poi la Commissione europea.

 

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